IL TEMPO

Se sapessimo cos'è quel qualcosa di cui il tempo è la suddivisione, riusciremmo a misurarlo direttamente, così come misuriamo i liquidi, i volumi, le distanze. Invece, nessuno strumento ci ha mai permesso di compiere queste misurazioni dirette. La clessidra misura granelli di sabbia, la meridiana e le lancette dell'orologio i gradi di una circonferenza, l'orologio digitale una serie di impulsi elettrici. Misuriamo solo alcuni modi di rappresentarci la suddivisione di quel qualcosa - così come Seth poteva contare i pezzi in cui aveva suddiviso Osiride morto. E in qualche modo anche quel qualcosa muore, sparisce per noi, non appena lo misuriamo: ogni volta che ci chiediamo che ora è, ciò di cui il tempo è la suddivisione ci sfugge, non ci resta che la suddivisione stessa, l'orario, come se in quello soltanto vivessimo.

E se quel qualcosa non scorresse? Se non passasse continuamente, ma ogni tanto rimanesse fermo? Se non fosse simile a una superficie misurabile, su cui possono esserci solo cose più avanti o più indietro di noi? Se fosse una sfera, in cui ci sia anche qualcosa sopra o sotto? O forse non è neppure una sfera, ma è incompatibile con il 3D+1; magari somiglia a uno stato d'animo, così che suddividerlo è come misurare in grammi o in centilitri un senso di meraviglia?

Ma quel che più lascia perplessi, non è che non sappiamo rispondere a nessuna di queste domande, ma che intanto percepiamo di continuo quel qualcosa, così come percepiamo l'aria, la luce, lo spazio. Dunque noi ne abbiamo esperienza, lo conosciamo in qualche modo. È solo la nostra mente, la nostra psykhé, che non vuole o non può capire come sia quel qualcosa non suddiviso, quel non-tempo. E sappiamo perché: la psykhé non è che il modo in cui facciamo quadrare quel poco di cui il nostro io cosciente riesce a tenere conto.

(Igor Sibaldi)
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